Considerata sacra fin dall’antichità, la Fonte di Egeria si trova in una delle zone più suggestive della campagna romana, la Valle della Caffarella. Nota anche come Fonte delle Camene o dell’Acqua Santa, la sorgente rimase nascosta per molti secoli all’interno di una grotta, ben protetta dal limitrofo Bosco Sacro.

Il Ninfeo di Egeria fu costruito successivamente, intorno al II secolo d.C.. Sorto in prossimità della sorgente e dedicato al culto della ninfa, si presenta oggi come una sorta di nicchia un tempo rivestita di marmo bianco e dalla grande volta ricoperta di mosaici

Dalla sorgente inizia il “sentiero delle acque” che attraversa il Parco dell’Appia Antica, uno dei più importanti siti archeologici al mondo. Il Parco ospita infatti moltissime altre opere monumentali di epoca romana come il Mausoleo di Cecilia Metella, la Villa dei Quintili e la Villa di Massenzio con il suo celebre circo.

Protettrice delle nascite e della fertilità, la bella e saggia Egeria era venerata insieme alle Camene, divinità delle acque sorgive.

Si narra che Numa Pompilio, secondo re di Roma, fosse segretamente innamorato di lei e che si recasse ogni notte al Bosco Sacro per incontrarla.

Grazie alla guida spirituale di Egeria e ai suoi riti divinatori, il re riuscì ad allontanare il popolo dalla guerra, a promulgare leggi giuste e ad attuare la riforma politica e religiosa della Roma primitiva.

Alla morte del suo amato, disperata, la ninfa si sciolse in lacrime. Impietosita dal pianto inconsolabile, la dea Diana la trasformò in sorgente. La fonte divenne così per lunghi secoli luogo di culto sacro ai romani.

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LE NINFE

Antichissimi spiriti che animavano boschi, acque e montagne, le ninfe erano divinità minori associate a un particolare luogo.

Dal greco antico “νύμφη” – giovane fanciulla, venivano raffigurate come bellissime giovinette con movenze graziose, testa leggiadra e ornata di fiori. Nude o coperte da vesti leggere e svolazzanti, amavano danzare, cantare e amoreggiare con uomini e satiri.

Nella mitologia latina il loro culto si legò alle fonti e alle acque correnti. Le Camene (divinità arcaiche delle sorgenti) erano quattro: Egeria, Carmenta, Antevorta e Postvorta. A loro venivano attribuite facoltà profetiche e ispiratrici.

Egeria fu guida e consigliera del secondo re di Roma, Numa Pompilio, promotore della concordia fra le prime tribù romane. Da “ager” – terra da coltivare e “agger” il terrapieno di difesa, Egeria era una divinità femminile arcaica e potente, nata dai culti della terra, in grado di ispirare al re della nuova città saggezza, concordia e pacificazione.

Antevorta (che guarda avanti) e Postvorta (che guarda indietro) erano legate al parto. Venivano invocate perché il feto si presentasse nella giusta posizione (con la testa in avanti) e fosse salvato se si presentava al contrario. Dee della vita e della morte, connettevano la natura arcaica e protettrice a quella oracolare e dell’oltretomba.

Carmenta da cui si faceva derivare il termine “carmen” – canto, racconto epico, poesia, aveva qualità oracolari. In seguito divennero più di una (Carmentis) fino a diventare la personificazione romana delle Muse.

Fu proprio alle Camene che Numa Pompilio, già dal VII-VI secolo a.C., consacrò il bosco presso la fonte di Egeria, fuori Porta Capena. Nel mese di gennaio vi si celebravano le feste Carmentalia, con offerte di latte e acqua in cambio di profezie e divinazioni. E fu sempre qui, alla fonte sacra, che per lunghi secoli le vestali vennero ad attingere l’acqua necessaria al culto. Mentre le spose si ornavano il capo di fiori e vi si recavano in processione, portando fiaccole e spighe di grano, partecipando con devozione ai riti sacri, pregando le ninfe di donare loro la vita e la fecondità.

NUMA POMPILIO

Se Romolo è passato alla storia come “il Fondatore”, Numa Pompilio viene ricordato come “il re pacifico”. Di origine sabina, nato il 21 aprile del 754 a.C. (data che coincide esattamente con la fondazione di Roma) morì nel 673 a.C. ormai ottantenne, dopo aver regnato per ben 42 anni senza mai condurre né subire guerre.

Noto a Roma come uomo di provata rettitudine ed esperto conoscitore delle leggi divine, tanto da meritare l’appellativo di Pius, mise in atto una serie di riforme per consolidare le istituzioni della nuova città, prime tra tutte quelle religiose.

La leggenda racconta che il progetto di riforma politica e religiosa della Roma primitiva gli fu dettato dalla ninfa Egeria con la quale, ormai vedovo, soleva passeggiare nei boschi. Si narra anche che la bella e saggia ninfa s’innamorò di lui al punto da renderlo suo sposo.

Numa insegnò ai romani i sacrifici, le cerimonie e il culto degli dei. Istituì il collegio delle vergini Vestali, assegnando loro uno stipendio e la cura del tempio in cui era custodito il fuoco sacro della città. Fondò il collegio sacerdotale dei Pontefici, con il compito di vigilare sulle vestali, sulla moralità e sull’applicazione delle prescrizioni di carattere sacro. Unificò culti e tradizioni per eliminare divisioni e tensioni tra le tribù creando nuove associazioni basate sui mestieri. Definì i confini tra proprietà privata e pubblica e modificò il calendario da 10 a 12 mesi.

Il re morì di vecchiaia, circondato dall’affetto dei romani, a lui grati per il lungo periodo di prosperità e di pace. Alla processione funebre parteciparono anche molti rappresentanti dei popoli vicini e il suo corpo non fu bruciato come di consuetudine, ma seppellito insieme ai suoi libri in un mausoleo sul Gianicolo. Dopo la bellicosa esperienza del regno di Romolo, Numa Pompilio, con la sua saggezza, seppe fornire un saldo equilibrio alla nascente città.